Friday, January 13, 2006

- SvobodaMagika, un'introduzione di Massimo Puliani













Polyvisioni sceniche di Josef Svoboda: Intolleranza 1960 di Nono (su un’idea di Ripellino), Faust interpretato da Strehler, La traviata di Verdi
Prossima pubblicazione per HALLEY EDITRICE

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PRESENTAZIONE

SvobodaMagika è un attraversamento dello spazio scenico di uno dei massimi protagonisti del teatro del ‘900, l’Architetto/Scenografo Josef Svoboda, prestigioso maestro di meraviglie scenografiche e inventore del sistema Polyécran (una tecnica di composizione plastico/sonora e polyvisva applicata al teatro) adottato nello spettacolo Lanterna Magika all’Expo di Bruxelles del 1958.
Il volume racconta tre straordinari spettacoli svobodiani che sono entrati nella Storia del Teatro: Intolleranza 1960 di Luigi Nono (da un’idea di Angelo Maria Ripellino), nel riallestimento americano nel 1965, dopo la prima a Venezia nel ’61, spettacolo considerato nel campo della contaminazione linguistica fra musica e teatro e mezzi di riproduzione visiva un punto di riferimento della sperimentazione; Faust/Frammenti I e II parte che Giorgio Strehler diresse e interpretò al “Piccolo” di Milano nelle stagioni 1989-’90 e 1990-’91; e La Traviata di Verdi, definita “degli Specchi”, andata in scena allo Sferisterio di Macerata nel 1992.

SvobodaMagika di Massimo Puliani (che fa opera di introduzione alle tappe storiche svobodiane, da Praga a Boston, da Milano a Macerata) e Alessandro Forlani, che si occupa delle interpretazioni sceniche svobodiane in Mozart, Wagner e Goethe, accoglie i contributi critici di Angela Ida De Benedictis sull’opera di Luigi Nono e il carteggio che il compositore tenne con Ripellino e Piscator (su Intolleranza 1960 si potranno confrontare le recensioni critiche contrapposte di Giulio Carlo Argan ed Eugenio Montale); di Franco Quadri che intervista (presente anche Giorgio Barberio Corsetti) lo “Scienziato/Artigiano” su Shakespeare e lo spazio scenico; di Anna Maria Monteverdi che inquadra Svoboda dentro l'avanguardia in rapporto a Gordon Craig e al lavoro multimediale di Robert Lepage con un’analisi comparata dell'Amleto (la scena dello spettro); di Valentino Bellucci che riflette sullo spazio teatrale in Josef Svoboda, da Shakespeare a Brecht. di Michela Grassetti che analizza la messinscena verdiana; nonché gli scritti e gli appunti registici di Giorgio Strehler, Henning Brockhaus, Luigi Nono e di Josef Svoboda.

Allegato alla pubblicazione il dvd “Nel segno di Svoboda” prodotto dall’Allievi dell’Accademia di Bella Arti di Macerata che propongono un’interpretazione video-documentativa dei modellini scenografici (da loro stessi realizzati) di “La Traviata” (’92), “La sonnambula” (’92), “Rigoletto” (’93), “Lucia di Lammemor” (’93), “Attila” (’96),

http://www.massimopuliani.blogspot.com/
http://www.alessandroforlani.blogspot.com/








nella foto: il Polyécran a Bruxelles

tratto da Il Polyécran dello “scienziato artigiano”
di Massimo Puliani


1. Svoboda e le avanguardie storiche
“Architetto Josef Svoboda, prestigioso maestro di meraviglie scenografiche”.
Così definisce Angelo Maria Ripellino (che se ne intende di magie praghesi!), l’inventore di Lanterna Magika, coacervo d’idee e passioni teatrali, sperimentazioni e polyvisionarietà[1] sceniche, metateatrali e multimediali.
Con i filami scenici e i labirinti immaginari di Svoboda è naturale compiere un folgorante attraversamento del Novecento, a cominciare dalle prime Avanguardie che hanno segnato con il loro forte anelito innovativo lo spazio scenico che coniugava in un tutt’uno arte e vita: da Adolphe Appia (1862-1928) che ebbe particolare influsso sulla scenografia moderna articolando la scena in un complesso organico con luci e forme essenziali; a Edward Gordon Craig (1872-1966), che ricercava un attore “supermarionetta”, manovratore impassibile dell’espressione delle proprie passioni; a Vsevolod Mejerchol’d (1874-1940), il più grande regista del secolo, che dall’attore pretese una metodologia “biomeccanica” che separasse la linea delle parole da quella dei movimenti, per poi ricomporle ad arte; fino ad arrivare ad Antonin Artaud (1896-1948), che teorizzò il “Teatro della Crudeltà” fino ad addentrarsi nella soglia della follia, intesa come arte e filosofia.

(...)


4 . L’uso delle nuove tecnologie per la scrittura scenica

Con il sistema Polyécran nello spettacolo Lanterna Magika, Svoboda mise a punto una tecnica di composizione, di scrittura scenica plastico/sonora applicata al teatro. L'azione dell'attore o del danzatore si svolgeva in una scena cinetica con tapis roulant e girelle, proiezioni di luci con effetti espressionistici, suoni stereofonici e immagini proiettate sulle superfici più diverse, fisse e mobili. Per Svoboda l’approfondimento delle proprie ricerche nel campo della contaminazione linguistica fra teatro e mezzi di riproduzione visiva fu una scelta estetica che trovò la sua massima sperimentazione nel riallestimento americano nel 1965, dopo la prima a Venezia nel ’61, di Intolleranza 1960 di Luigi Nono (su un’idea di A.M.Ripellino).

Per Svoboda, “Scienziato Artigiano” (come lo definì Franco Quadri), autore di circa 700 allestimenti fra opere teatrali, liriche e balletti, il “fare teatro” è una diabolica officina dell’immaginario, dove i linguaggi si uniscono, si confondono, si rigenerano. Ma il senso artigianale dello scenografo prevale su quello del creatore tecnologico.
A Monaco, nel 1970, chiedeva alla Philips di frantumare luci laser (operazione non priva di rischi); pareva attendere con fiducia da un giorno all’altro che il progresso tecnologico gli consegnasse finalmente le possibilità dell’ologramma. E intanto, in un’Era non ancora informatica, di rudimentali computer troppo lenti per le sue necessità, si serviva di un’arte molto vicina alla magia, alla magia del teatro, appunto.

La scena di Svoboda, seppur attraverso l'impiego delle tecniche di illuminazione, giochi di luce e controluce che disegnano plasticità e forme dello spazio del palcoscenico, è decisamente di stampo tradizionale: abbisogna cioè di una struttura scenotecnica, di quinte e fondali, corde e carrucole, pesi e contropesi per far emergere e far sparire d’incanto le “illusioni scenografiche” che ci riportano alla mente i grandi scenotecnici del Barocco italiano, da Giacomo Torelli (1604-1678)[2], Grand Sorcier del Teatro Novissimo a Venezia, del Teatro del Petit Bourbon di Parigi e del Teatro della Fortuna di Fano, al clan familiare dei Bibiena che sulle basi del linguaggio architettonico borrominiano, costituisce i fondamenti di una koinè scenografica e anche architettonica tardo-barocca mitteleuropea, riempiendo di scene e di teatri la civiltà di corte di tutto il Settecento.
Svoboda crea, nella costruzione dello spazio scenico, visioni metaforiche e simboliche, immagini visive e mentali da sogno, utilizzando artifici e tecniche che fanno ampio uso di strumenti tecnologici: proiettori, sipari di luce, specchi, laser, schermi multipli, audiovisivi e cineproiezioni.

L’effetto tecnologico non doveva essere separato dalla drammaturgia scenica. Secondo Svoboda occorreva dimostrare di saper gestire le nuove tecnologie, i nuovi mezzi espressivi:

A questa fase di nuova scrittura ci si può arrivare per caso, ma l’ispirazione può servire anche per nuove soluzioni. Del resto succede sempre così. Quando, ad esempio, un artista del Rinascimento realizzava la statua di un cavaliere, doveva adottare per la pietra arenaria una tecnica diversa da quella utilizzata per la pietra comune o per il bronzo. Sapeva come domare il materiale. Lo stesso vale oggi per i materiali nuovi. Se voglio usare la tecnica televisiva, devo imparare a conoscerla per potermene servire affinché non sia essa a servirsi di me. Naturalmente nessuno può saper fare tutto, ma almeno deve essere in grado di intendersi con gli specialisti riguardo alle diverse tecniche. Il teatro può anche trarre vantaggio da certi errori tecnici e tramutarli in pregi.[3]
(....)
[1] E’ un’ attribuzione semantica, dall’etimo greco: polýs [Πολύς], in omaggio al sistema Polyécran - ndr
[2] Massimo Puliani (a cura di) “Giacomo Torelli: Scenografo e Architetto dell’Antico Teatro della Fortuna”, Ed. Centro Teatro Fano, 1996
[3] Josef Svoboda; I segreti dello spazio teatrale; a cura di E. de Angeli, Ubulibri, Milano, 1997.





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